martedì 15 aprile 2008

Nullità inefficace: Cassazione, Sezione seconda, sentenza 12 marzo , dep.11 aprile 2008, n. 15417 .

Cassazione – Sezione
seconda – sentenza 12 marzo – 11 aprile 2008, n. 15417



Presidente Morelli
Relatore Zappia
Pm Stabile – conforme
Ricorrente C.


Fatto

Con sentenza del 27.4.2001 il Tribunale di Roma condannava C. A., ritenuto il vincolo della continuazione fra i diversi reati e ritenuta altresì l'ipotesi di cui al capoverso dell'art. 648 c.p., alla pena di mesi otto di reclusione e L. 800.000 di multa, avendolo ritenuto responsabile
di due diversi episodi di ricettazione di assegni di provenienza delittuosa.


Con sentenza del 26.9.2003 la Corte di appello di Roma confermava la decisione impugnata.

Avverso tale sentenza l'imputato C. A. propone ricorso per cassazione lamentando la violazione di legge ai sensi dell'art. 606, co. 1, lett. c), c.p.p., per avere la Corte di appello disatteso l'eccezione di nullità del giudizio di primo grado conseguente alla violazione degli artt. 178 lett. c), 484 e 420 c.p.p., per omessa traduzione di esso imputato, detenuto agli arresti domiciliari per altro. In particolare osserva il ricorrente che erroneamente la Corte territoriale aveva disatteso tale eccezione sebbene lo stesso, siccome evidenziato dalla difesa nel giudizio di primo grado all'udienza del 3.10.2000, si trovasse agli arresti domiciliari per altro procedimento. Chiede pertanto che venga dichiarata la nullità delle sentenze di primo e di secondo grado per violazione delle suddette disposizioni di legge.

Con nota del 14.2.2008 la difesa rileva ulteriormente che la tesi sostenuta in ricorso era stata confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 37483 del 2006.

Diritto

Secondo l'orientamento giurisprudenziale di questa sezione della Corte (orientamento che l'odierno collegio giudicante condivide), già espresso con la sentenza del 7.11.2002 n. 41252 e con la sentenza 23.4.2007 n. 23443, e tra l'altro ribadito dalle Sezioni Unite con la sentenza del26.9/14.11.2006 n. 37483, in tema di presupposti per la dichiarazione di contumacia dell'imputato detenuto per altra causa, solo la mancata conoscenza dello stato di detenzione (con la conseguente impossibilità di disporre la traduzione), può legittimare il giudizio contumaciale; quando, invece, come nella fattispecie in esame, la difesa abbia evidenziato che l'imputato si trovava detenuto agli arresti domiciliari per altra causa, il giudice è tenuto a disporre il rinvio del giudizio a nuova udienza, ordinando che ai sensi dell'art. 419 co. 1, c.p.p., sia rinnovato l'avviso all'imputato.


Ciò in ossequio al disposto dell'art. 420 ter, 1 co., c.p.p., cui rinvia l'art. 484, 2 co. bis stesso codice relativo alla costituzione delle parti negli atti introduttivi del dibattimento, il quale prevede che se l'imputato non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice deve rinviare ad una nuova udienza e disporre che sia rinnovato l'avviso all'imputato a norma dell'art. 419, 1 comma.

Pertanto in presenza di un legittimo impedimento, costituito dallo stato di detenzione per altra causa dell'imputato, sopravvenuto alla notificazione del decreto di citazione a giudizio, non può essere dichiarata la contumacia dell'imputato.

Né tale dichiarazione di contumacia dell'imputato detenuto per altra causa può essere pronunciata sul presupposto della mancata tempestiva comunicazione di tale stato al giudice procedente, non essendo un siffatto onere previsto a carico dell'imputato. A tal riguardo è sufficiente osservare che mentre il quinto comma dello stesso art. 420 ter c.p.p. prescrive a carico del difensore, impossibilitato a comparire per legittimo impedimento, l'onere della
pronta comunicazione al giudice procedente, nessuna prescrizione in tal senso, in ordine alla tempestiva comunicazione dell'impedimento, è prevista a carico dell'imputato dal primo comma dell'art. 420 ter c.p.p..

Sul punto pertanto la motivazione dell'impugnata sentenza si appalesa chiaramente erronea.

Rileva tuttavia il Collegio che il principio sopra evidenziato, che porterebbe quindi alla nullità, ai sensi dell'art. 178, lett. c) c.p.p., della dichiarazione di contumacia del ricorrente C. A. pronunciata dal giudice di primo grado, ed alla invalidità, ai sensi dell'art. 185 stesso codice, di tutti gli atti successivi sino alla sentenza impugnata, deve essere armonizzato con l'ulteriore principio della effettiva violazione del diritto di difesa cui è collegato l'interesse ad impugnare.

Ed infatti, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 10372 del 27.9.1995 dep. il 10/1995 rv. 202269) "la facoltà di attivare i procedimenti di gravame non è assoluta e indiscriminata, ma è subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell'impugnante".

Orbene, nel caso di specie emerge dal contenuto del verbale d'udienza del 3.10.2000 nel corso del quale fu sollevata e rigettata l'eccezione suddetta, che il Tribunale non ebbe in tale udienza a volgere alcuna attività processuale, essendosi limitato a disporre il rinvio ad altra udienza; deve ritenersi pertanto che nessun pregiudizio ha ricevuto l'imputato dal mancato accoglimento dei motivi dell'istanza di rinvio proposta dal difensore per legittimo impedimento dell'imputato, avendo comunque la Corte disposto il rinvio della trattazione del processo.

Ed alla successiva udienza del 9.1.2001 risulta dal relativo verbale che il difensore ebbe a comunicare che l'imputato non era più detenuto trovandosi nuovamente in stato di libertà. Né in tale udienza la difesa ha rilevato il mancato rinnovo dell'avviso all'imputato ai sensi dell'art. 419, co. 1, c.p.p., richiamato dal primo comma dell'art. 420 ter c.p.p. di talché, trattandosi di nullità a regime intermedio da dedurre quindi nei termini stabiliti dall'art. 182, co. 2, c.p.p., deve ritenersi intervenuta la relativa preclusione.

Alla stregua di quanto osserva il Collegio che, pur a fronte della erronea motivazione adottata sul punto dalla Corte territoriale, il ricorso proposto dalla difesa non può tuttavia trovare accoglimento; ci troviamo invero, per le argomentazioni in precedenza esposte, in presenza di errore di diritto afferente la motivazione dell'impugnato provvedimento che non determina l'annullamento dello stesso, non avendo avuto refluenza sul contenuto del dispositivo, e che può pertanto essere emendato ai sensi dell'art. 619, co. 1, c.p.p. da questa Corte, nell'ambito della sua funzione istituzionale e nel rispetto del fatto come ritenuto dal giudice di merito, mediante la rettifica sul punto della motivazione svolta.

Alla stregua di quanto sopra il ricorso non può trovare accoglimento.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.